Introduzione

L’introduzione del volume “Democrazia elettronica. Presupposti e strumenti”, qui riportata, è altresì consultabile sul portale “La Mia Biblioteca” di Wolters Kluwer [link],

La celere diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha progressivamente interessato quasi ogni ambito della società contemporanea, incluso quello politico, soprattutto per le conseguenze che comporta in tema di democrazia.

Oggi la “democrazia elettronica” (o “e-democracy”) può essere studiata grazie ad una molteplicità di approcci, che spaziano dal diritto alla filosofia, dalla sociologia all’informatica, e così via. Ciò nonostante, o forse anche in ragione di ciò e, dunque, delle ulteriori difficoltà di coordinamento interdisciplinare, è un concetto non ancora sufficientemente definito e scandagliato in tutte le sue particolarità e con riferimento ai suoi presupposti. Come sovente accade, è difficile sia scinderlo in elementi più semplici sia considerarlo unitariamente; in aggiunta, le possibilità della tecnica spesso spingono taluni a esaltare l’e-democracy, altri a contestarla aprioristicamente: si passa così da stimolanti utopie a rigide distopie, in una costante estremizzazione che, paradossalmente, cala concetti e teorie al di fuori di quella stessa realtà che origina le une e le altre.

Bisogna però considerare che spesso non si pensa di analizzare, in tutto o in parte, i suoi fondamenti teorici dimenticando che la caratterizzazione in termini di elettronica non fa certo venir meno la sua essenza di democrazia. Pertanto, qualsiasi riflessione sulla democrazia elettronica impone un preliminare approfondimento in ordine a quelle fondamenta della democrazia stessa che possono consentire la costruzione di un modello teorico di democrazia elettronica.

Questa breve e preliminare osservazione evidenzia la prospettiva da cui la e-democracy viene qui studiata e sulla cui base, in una difficile opera di bilanciamento, se ne propone un modello che evidenzia l’ancillarità della componente tecnologica rispetto al nucleo teorico e concettuale, senza tuttavia sminuire le conseguenze dell’avvento e del costante mutamento della Società dell’informazione. Tutto ciò consente di concentrarsi su un modello teorico anche concretamente applicabile in prospettiva futura, oltre che su un modello ideale, ed evidenzia la necessità, prima ancora che l’opportunità, di un’analisi filosofico-giuridica e teorico-giuridica, da un lato, e informatico-giuridica, dall’altro. Il che comporta la necessità di leggere la realtà aiutandosi con le categorie del passato, ma non basandosi solo su di esse poiché queste non esauriscono la realtà pur essendone entrate a far parte e non sono più in grado di farla comprendere esaustivamente.

Si tratta di un’analisi che deve prendere in considerazione non solo il modello di e-democracy su base interna, quindi il rapporto tra e-democracy e poteri istituzionali, ma anche le conseguenze che la Società dell’informazione comporta nel rapporto tra istituzioni politiche diverse nonché tra parlamenti nazionali ed Unione europea (ad esempio, nella governance multilivello). Ciò comporta anche una ricaduta sul sistema delle fonti. O, meglio, quando si parla di e-democracy forse occorre tener presente ogni organizzazione politica in senso ampio, sia essa Stato centralizzato o federale, nel quale ultimo caso il problema di una definizione di e-democracy si complica richiedendo anche una attenzione al coordinamento tra le varie parti.

L’analisi filosofico-giuridica consente di soffermarsi su teorie, principi, concetti e problematiche fondamentali, anche eterogenei ma connessi, che mutano con estrema rapidità. Del resto, anche l’informatica si evolve e offre costantemente nuovi prodotti e servizi che pervadono la società contemporanea, in sinergia non solo con il potere economico – transnazionale – che spinge nella direzione di una società sempre più consumistica e caratterizzata dall’obsolescenza programmata, ma altresì col potere politico che cerca di piegare le tecnologie medesime ai propri fini, talvolta anche in contrasto proprio con il potere economico e con quello tecnologico, i quali spesso costituiscono un complesso unicum. È quindi necessario porsi e porre delle domande, che nella specie sono relative, in particolare, a come e perché le tecnologie potrebbero e dovrebbero essere sfruttate nell’ambito degli ordinamenti democratici, oltre che nei rapporti tra ordinamenti e tra i loro singoli settori. Non si può, infatti, sottovalutare come l’utilizzo degli strumenti informatici per la comunicazione tra vari soggetti politici non possa che portare ad una proficua e immediata conoscenza di esperienze e decisioni utile a realizzare, potenzialmente, una omogeneità di decisioni in linea con la globalizzazione.

La seconda analisi, svolta da un punto di vista informatico-giuridico, permette di riflettere sia sulla situazione attuale sia sulle prospettive future, anche grazie al contributo della informatica giuridica documentaria e metadocumentaria. Rimane, infatti, il problema della crisi dell’informazione giuridica e dell’elaborazione elettronica dei dati, che assume valenze nuove ove si consideri la progressiva crescita quantitativa e qualitativa dei trattamenti automatizzati delle informazioni mediante algoritmi sempre più complessi e sofisticati; ciò coinvolge non solo quelle legali, ma altresì nuove frontiere e ambiti sempre più importanti della società odierna potendo giungere addirittura all’automazione dei ruoli dirigenziali nelle aziende private mediante la sostituzione dell’agente umano con un agente software. Allo stesso modo, una progressiva algoritmizzazione, se correttamente intesa e guidata, potrebbe fornire un importante contributo nell’ambito degli Stati costituzionali contemporanei e futuri e, in particolare, nelle esperienze di governance multilivello.

Fino ad ora, però, nonostante l’avvento della Società dell’informazione e la pervasività delle nuove tecnologie, l’e-democracy non ha trovato realizzazione né conseguito risultati significativi, diffusi o, comunque, sufficientemente consolidati. Ciò può essere dovuto a diversi fattori, ma può ritenersi che un primo problema sia rinvenibile nella considerazione delle tecnologie quali strumenti di ausilio delle istituzioni democratiche, senza la predisposizione di una base teorica non solo informatica ma anche e soprattutto giusfilosofica e teorico-giuridica. Quest’ultima è infatti idonea a renderli proficuamente implementabili([1]); a tal fine, si ritiene necessaria una strutturazione, e dunque un ripensamento, degli strumenti tecnologici da implementarsi nel corpo dello stesso Stato democratico più che una loro utilizzazione sic et simpliciter. E ciò richiede una modifica istituzionale strutturale, come si vedrà nel prosieguo.

Del resto, di per sé la democrazia elettronica incide profondamente sulla creazione del diritto perché ha un impatto sull’esercizio del potere legislativo, e quindi, a cascata, sulle modalità con cui proprio il diritto viene applicato, dal momento che può modificare formalmente e sostanzialmente il concreto esplicarsi dell’attività decisionale (condizionando, ovviamente, il potere giudiziario, entro i limiti, sempre più labili, intrinsecamente connessi alla separazione dei poteri).

Queste brevi considerazioni rendono già chiaro il percorso teorico seguito nel presente volume.

Più specificatamente, nel primo capitolo vengono trattate le questioni fondamentali della democrazia che sono funzionali allo studio della democrazia elettronica in una prospettiva che è, innanzi tutto, giusfilosofica e teorico-giuridica. Si propone un modello di e-democracy che è, da un lato, ancillare a quello della democrazia rappresentativa e, dall’altro, maggiormente vicino all’aspetto procedurale pur se necessariamente collegato alla concezione sostanziale della democrazia.

Queste riflessioni sono tese a investigare la possibilità di attribuire un potere decisionale al démos che consentirebbe sia di rafforzarne la sovranità sia di responsabilizzarlo, poiché dovrebbe compiere delle scelte concrete che vanno ben al di là della mera scelta dei propri rappresentanti e della eventuale espressione di consenso e dissenso in sedi non istituzionali. L’attenzione si sposta così sul démos, dal punto di vista sia individuale sia collettivo.

Il secondo capitolo è focalizzato sulla discussione dei principali modelli teorici di democrazia (rappresentativa, diretta, partecipativa, deliberativa), introdotti da una riflessione sul confronto fra la democrazia degli antichi e quella dei moderni. Una lettura attualizzata della prima, così, porta a recuperarne aspetti specifici che appaiono funzionali a una teoria della e-democracy che trova le sue radici non nella tecnologia, bensì in una delle massime espressioni ideali della democrazia, pur con tutti i suoi difetti.

Il terzo capitolo prende in esame specifici modelli, totalmente o parzialmente alternativi della democrazia (democrazia elettronica e liquida), nonché le sue derive (tecnocrazia, postdemocrazia e controdemocrazia) anche sulla base di costruzioni teoriche fenomenologiche. Il punto di partenza è qui costituito dalla tecnocrazia, stante la sua stretta connessione con la e-democracy.

Il quarto capitolo è incentrato sulla discussione di questioni e principi generali degli ordinamenti democratici in una prospettiva innanzi tutto giusfilosofica e teorico-giuridica che, partendo dalla considerazione del potenziale rapporto fra le trasformazioni dello Stato e la democrazia elettronica, segue un percorso in cui si guarda, da un lato, alla sovranità dello Stato nell’ottica della globalizzazione e, dall’altro, alla sovranità popolare in relazione alla sussidiarietà.

Il quinto capitolo si apre con la definizione di una serie di precondizioni della democrazia elettronica che, nel complesso, consentono di delineare un nuovo ruolo politico e giuridico del démos, il quale, in una ipotesi oggi più ideale che realistica, può diventare addirittura legislatore o co-legislatore.

Dalle precondizioni si passa quindi alla proposta teorica di un’agorà digitale che sia potenzialmente realizzabile e che consenta un più diretto esercizio della sovranità popolare in modo relativamente continuativo così da bilanciare le esigenze della società contemporanea e quelle dell’autogoverno.

Il sesto capitolo si focalizza sul ruolo del legislatore nella e-democracy. In particolare, si delinea ulteriormente il potenziale ruolo attivo del démos che, nella massima espressione della democrazia elettronica, è un componente a pieno titolo della macchina legislatoria purché siano predisposti quegli strumenti informatici che concretizzano quelli istituzionali con tutte le complessità che caratterizzano la realtà contemporanea. Infine, quasi a conclusione di un lungo percorso sui vari profili della e-democracy, si è ritenuto opportuno parlare anche del rapporto tra democrazia elettronica e parlamenti, discutendo l’impatto delle nuove tecnologie su di essi nonché le loro prospettive e una loro possibile integrazione nelle agorà digitali: vi sono delle potenziali sinergie che, ove ben sfruttate, possono costituire un fattore di rinvigorimento per i parlamenti, da un lato, e di rivitalizzazione del rapporto fra rappresentanti e rappresentati, dall’altro.

Il settimo capitolo presenta alcune conclusioni di questo lungo percorso di riflessione e di discussione riassumendone specifici punti-chiave e presentando tre modelli paradigmatici di democrazia elettronica: uno ideale, uno realistico e uno distopico.

 

([1]) Risulta ancora attuale quanto affermato da Giovanni Tarello, secondo cui “viviamo in un momento della storia della cultura, nel quale massimamente è sentita la rilevanza del concreto rispetto alla teorizzazione filosofica” (G. Tarello, Sul problema della crisi del diritto, Torino, Giappichelli, 1957, pp. 10-11). Questa rilevanza comporta spesso una insufficiente teorizzazione e problematizzazione che si riverbera a sua volta su un gigante “concreto” i cui piedi sono conseguentemente di argilla.